05.04.2023

In che modo Schönstatt ha ispirato la mia vita? – Parte 2 –

di suor M. Thomasine Treese
Sydney, Australia

La famiglia di Schönstatt Australia si è riunita nel santuario di Mulgoa, vicino a Sydney, per l’incontro annuale dei dirigenti. Sul tema dell’incontro,

“In che modo Schönstatt ha ispirato
la mia vita?”

Mi ascoltava con grande interesse.

Presto ebbi occasione di leggergli la storia della mia vita, che avevo scritto su novanta pagine di quaderno. Volle sentire ogni parola. In ventidue anni di vita non avevo fatto nulla di emozionante, eppure lui continuò ad ascoltare con grande interesse. Si creò un’atmosfera densa, quasi sacra. Gli lessi una pagina dopo l’altra; talvolta le frasi erano sconnesse, ma lui era sempre attento. Quando arrivai alla fine, mi chiese se volessi fare un esame di coscienza in modo da potermi dare l’assoluzione. Pregò il Padre Celeste di infondergli sapienza e comprensione per potermi portare là dove Lui voleva.

Fu una preghiera semplice, ma mi colpì molto vedere che un grande fondatore di un movimento mondiale sentisse di doversi inchinare davanti a Dio e chiedergli la grazia di comprendere una giovane come me e guidarla sulle Sue vie. Quel momento mi è rimasto impresso nel cuore. Padre Kentenich non era più soltanto un grande fondatore; era il portavoce di Dio, la persona che Dio avrebbe utilizzato per comunicarmi la Sua volontà, il Suo desiderio. Era la Sua bandiera.

Fare attenzione ai segni del buon Dio.

Ora padre Kentenich mi conosceva a fondo, e questo mi infondeva sicurezza: con lui potevo essere me stessa, senza bisogno di fingere. Una volta gli chiesi di assegnarmi un impegno adeguato alla mia formazione, qualcosa in grado di cambiare la mia vita.

Padre Kentenich mi disse: “Faccia attenzione ogni giorno ai segni che Dio le dà”. Sbalordita, mi congedai con lui. Dentro di me non mi sentivo soddisfatta. Quello che mi aveva assegnato non era, a mio avviso, un vero impegno. Da lui mi sarei aspettata di ricevere qualche indicazione concreta. Nel colloquio successivo, gli rivelai che avevo difficoltà, che ritenevo troppo generico quel proposito. Stare attenta ai segni di Dio significava poco per me. Avevo bisogno di un impegno concreto, pratico, che potessi attuare durante il giorno e verificare la sera.

Pater Kentenich ascoltò e poi ripeté la stessa cosa: “Stia attenta tutto il giorno ai segni del buon Dio. La sera, ripensi ad almeno uno di essi. Poi si chieda: in che modo ho risposto ai Suoi segni di amore? Come gli ho dimostrato il mio amore durante la giornata?”

Aveva capito la mia insoddisfazione; ci rimasi malissimo, ma era andata così.

Dio vuole soprattutto il mio cuore.

Mi spiegò che Dio, per il momento, non mi chiedeva di fare chissà cosa. Voleva che fossi soddisfatta del Suo amore, non dei miei risultati. Non gli interessavano le mie azioni; voleva prendere possesso del mio cuore. Sapeva bene che se mi avesse chiesto un atto eroico, lo avrei compiuto senza esitare. Ma prima voleva il mio cuore, voleva che gli mostrassi l’amore di una figlia, di una bambina semplice, umile e fiduciosa, pronta ad amare senza condizioni, e disposta a fare per Lui qualsiasi cosa in ogni situazione di vita.

Quindi aggiunse altre due domande:
In che modo Dio mi ha ferito – attraverso persone, circostanze, ecc.? In che modo ho offeso Dio e poi ho cercato di riparare all’offesa?

Questa, disse, è l’essenza della figliolanza, la conquista del proprio mondo interiore, dove il bambino che è in noi incontra il suo Dio, il Padre. È la base per una vita feconda.

Perché il grande fondatore mi aveva dato un consiglio così, apparentemente fin troppo semplice? Voleva essere certo che sentissi di avere, dentro di me, Dio vivo, una persona dall’amore tangibile, che dovevo ricambiare. Allora avrei agito nel modo in cui la vita mi avrebbe chiesto.

Riepilogando, la mia esperienza di Schönstatt è stata di due aspetti:

Primo: diventare bambina davanti a Dio

La grande trasformazione nella mia vita è iniziata facendomi pian piano bambina davanti a Dio, che è Padre e il cui amore e insegnamenti sono un’esperienza sempre nuova per me.

Ancor oggi, Dio si serve di p. Kentenich per sostenere e rafforzare la fiamma del mio amore filiale.

Sono eternamente grata al nostro padre e fondatore per avermi fatto comprendere – malgrado la mia ostinazione iniziale – la verità più profonda della vita: la santità non consiste altro che nell’amore del figlio verso il padre. È questa l’esperienza che faccio ogni giorno.

Secondo: la nuova immagine del Padre, del figlio e della comunità

Ho conosciuto il nostro fondatore nel momento più difficile della sua vita, ossia nel tredicesimo anno di separazione dalla sua fondazione. La mia iniziale curiosità di incontrare un grande fondatore si è subito trasformata in stupore, ammirazione e meraviglia per l’atmosfera santa che si creava in sua presenza. Si percepiva che in lui c’era pace, armonia, serenità e, soprattutto, fiducia assoluta in Dio e nella Sua guida. Padre Kentenich era diventato un figlio di Dio svuotato di se stesso e completamente aperto al Padre Celeste.

Per questo, una volta tornato in patria, continuò a comunicare quello che aveva maturato in quattordici anni di esilio: la nuova immagine di padre, figlio e comunità. Lui stesso divenne il riflesso di questa nuova immagine di figlio e della nuova immagine del padre.

Sarò eternamente grata di aver potuto conoscere da vicino padre Kentenich nel momento più difficile della sua vita.

Quest’eroica figliolanza fu la chiave della pace

 e della gioia sperimentate in quegli anni burrascosi.

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